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I (più belli) della Biennale di Venezia!


 

https://www.labiennale.org/it/arte/2019/informazioni


Sino al 24 novembre, sono rappresentati 90 Paesi nei padiglioni sparsi tra Giardini, Arsenale e Laguna. 


Il titolo: May you live in interesting times, a cura del direttore della Hayward Gallery di Londra Ralph Rugoff, è assieme una dichiarazione d'intenti e una speranza. Che sembra ben riposta nel padiglione lituano, con il suo anticipo d'estate: il pubblico guarda dall'alto la ricostruzione live di una spiaggia, con brezza e rumori di risate, canzoni e di giochi. 

Altra curiosità: il Padiglione del Ghana ospita le installazioni di materiali di recupero di El Anatsui (Leone d'Oro alla carriera nel 2015). Ma l'edizione di quest'anno è soprattutto all'insegna dell'impegno sociale, con 79 artisti invitati (tra cui le italiane Lara Favaretto e Ludovica Carbotta) che riflettono su disuguaglianze, rifugiati e migrazioni. 

L'attivista L'artista e fotografa messicana Teresa Margolles, classe 1963, da sempre denuncia le violenze dei narcos e i femminicidi. A Venezia porta un'opera creata a partire da un muro, scena del delitto di alcuni giovani per questioni di droga. 

L'installazione Impossibile non notare allo spazio Thetis le quattro enormi colonne dell'artista americana (italiana d'adozione) Beverly Pepper, 97 anni, nota per le monumentali opere architettoniche e la maestria con i metalli. Presenti anche altre sue grandi sculture in acciaio Cor-Ten. E un film documentario racconta la sua vita.

La mostra Il Guardian l'ha definita una «scultura vivente». Perché la giapponese Mari Katayama, 32 anni, affetta da una malattia genetica che ne ha fermato lo sviluppo delle gambe e le ha provocato un difetto alla mano sinistra, simile ad una chela di granchio, usa il suo corpo come veicolo espressivo.

Fonte: sintesi di un articolo di Edoardo Montolli, tratto da Elle, 11/05/19


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